Lipari

Lipari con i suoi 37,6 kmq di superficie è l’isola più estesa dell’Arcipelago Eoliano oltre ad essere il centro principale del Comune omonimo il cui territorio comunale si estende alle isole di Vulcano, Stromboli, Filicudi, Alicudi e Panarea.L’ isola di Salina è l’unica, tra le isole dell’arcipelago, che nel 1867 riuscì a sottrarsi alla dipendenza amministrativa di Lipari, divenendo autonoma nel 1909 con tre comuni distinti: S. Marina Salina, Malfa e Leni.In antichità era già nota col nome di Lipàra (Λιπάρα, da λιπαρός in greco antico, che significa grasso, untuoso, e per estensione brillante, ricco e fertile) ma il suo nome più antico è Meligunìs. La via principale dell’isola è il Corso Vittorio Emanuele, conosciuta dagli abitanti come “u Puzzu” dato che fino al 1960 vi erano due gibbie che servivano alle famiglie che non disponevano di sufficiente autonomia di acqua ed erano posizionate tra il Corso e l’ingresso della strada (allora non rotabile) che portava al palazzo vescovile. La via più caratteristica e storicamente più antica è, però, Via Garibaldi, adiacente “al Corso”.Stretta e piena di vicoli che la rendono più suggestiva, via Garibaldi congiunge il castello con la piazza Ugo di Sant’Onofrio nota come “Marina Corta“, una delle più affascinanti piazze delle Eolie, ricca di bar e ristoranti, è meta irrinunciabile per chi visita l’isola.Nella parte più ad est della piazza c’è la rocca del castello di di Lipari, mentre sul lato mare si staglia la storica “Chiesetta del Purgatorio“. Un’altra strada importante è Via Francesco Crispi comunemente detta “Marina Lunga” che costituisce l’unico lungomare del paese e collega alla Provinciale che conduce alla frazione di Canneto. Altra piazza del centro storico di notevole rilevanza è Piazza Giuseppe Mazzini nota a Lipari come ”Sopra la Civita“. Da qui si può accedere all’interno delle mura del Castello, promontorio naturale che domina il centro storico; la sua costruzione risale a tempi remoti, con una torre facente parte delle fortificazioni greche del IV-III secolo a.C., con torri medievali del secolo XIII e cortine murarie di epoca spagnola. All’interno della cinta si trovano il Museo Archeologico eoliano Luigi BernabòBrea con i resti degli insediamenti archeologici, quattro chiese costruite tra il XVII e il XVIII sec. e la Cattedrale di S. Bartolomeo, la più antica. Costruita nel 1084 sui resti della chiesa bizantina è stata rimaneggiata in varie epoche, fino al 1861 con la costruzione della facciata e del campanile, mai completato.A fianco i resti dell’ Abbazia Normanna, unica testimonianza della costruzione originale. Numerosi sono i punti panoramici che si possono ammirare durante il giro dell’isola: il famoso scorcio dei Faraglionie del Pizzo di Papa Giovanni, con lo sfondo dell’isola di Vulcano e più in lontananza della costa della Sicilia Settentrionale dal punto panoramico denominato “Quattrocchi“, andando verso la parte interna si passa da Pianoconte, ricco di vigneti per giungere appena 3 km più a ovest alle ” Terme di San Calogero” in un posto in cui, oltre poter ammirare la particolarità dei paesaggi, è possibile visitare dall’interno lo stabilimento termale dell’800 ed un importante sito archeologico con una tholos di epoca micenea e vasche greco-romane che testimoniano la rilevante ricchezza delleacque termali liparesi fin dall’antichità.Continuando il giro, riportandosi sulla strada principale, si arriva a Quattropani tipico paesino in collina, per fermarsi al punto panoramico delle “Puntazze” da dove si possono ammirare le cinque isole poste a nord di Lipari, iniziando da ovest: Alicudi, Filicudi, Salina, Panarea e Stromboli.Lasciando questo punto si arriva alla frazione di Acquacalda, antico villaggio di pescatori, da dove inizia l’incantevole scenario, quasi lunare, delle montagne di Pomice, passando per Porticello, Capo Rosso e leSpiagge Bianche fino ad arrivare al paese sul mare di Canneto col suggestivo sfondo del Monte Rosa.

CENNI STORICI:

L’eccezionale posizione geografica, di “ponte” fra la Sicilia e l’ Italia meridionale in privilegiata proiezione verso lo Stretto di Messina, ha favorito, in molti periodi, la centralità delle Isole Eolie sulle rotte commerciali e strategiche del Mediterraneo. Le dinamiche degli insediamenti umani sono sempre stati altresì profondamente influenzate dalla natura vulcanica dell’arcipelago, con i suoi caratteri e le sue risorse peculiari.
Una storia delle ricerche e degli studi archeologici a Lipari e nelle Eolie deve risalire almeno agli ultimi decenni del XVIII secolo, alle descrizioni e ai rilievi di Jean Houel, che nel suo “VoyagePittoresquedesislesde Sicile, de Malte e de Lipari” dedica ampio spazio alle antichità eoliane allora note. Nel XIX secolo si ricordano i contributi dell’ufficiale della
marina britannica W.H. Smyth e del Barone Enrico Pirajno di Mandralisca, al quale si devono le prime ricerche nell’area della necropoli di contada Diana, riprese più tardi da Giuseppe Scolarici nel 1879 su commissione dello scozzese J. Stevenson, proprietario di impianti industriali per la lavorazione dello zolfo e dell’allume a Vulcano. Le prime indagini scientificamente documentate si devono a Paolo Orsi, che effettuò una campagna di ricognizioni e scavi a Lipari. Pochi anni prima Guido Libertini aveva delineato lo stato della conoscenza archeologica e storica nelle Eolie. La vera svolta per la conoscenza archeologica delle Eolie si ha con Luigi BernabòBrea, che negli anni del secondo conflitto mondiale inizia la sua lunga attività di ricerca, affiancato da Madaleine Cavalier, con risultati di fondamentale importanza nel quadro dell’archeologia mediterranea. Ad entrambi si deve nel 1954 la creazione del Museo Archeologico Eoliano, oggi regionale. L’ acropoli dell’antica Lipàra è un masso di riolite in parte vetrosa che s’innalza dalla piana costiera di Diana e si protende con pareti scoscese nel mare formando due insenature, due porti naturali: Marina Lunga a Nord, Marina Corta a Sud.
Gli scavi eseguiti da BernabòBrea e da Madeleine Cavalier dal 1950 in poi hanno messo in luce sull’alto del Castello le tracce della città greca e romana e dei villaggi preistorici che l’hanno preceduta, rivelando una stratificazione che
raggiunge in qualche punto i nove metri.
I Cnidi nella 50ª olimpiade (580-576 a.C.) vi fondarono la nuova Lipàra. Ben presto l’area dell’acropoli dovette
rivelarsi insufficiente e la città si estese sulle sue pendici verso la piana. La città greca fu rasa al suolo nel 252-251 a.C. dai Romani, che trasformarono l’acropoli in una fortezza. Da ciò la quasi totale assenza di resti edilizi di età
greca. Solo un secolo dopo, essendo cambiata la situazione politica nel basso Tirreno e avendo perso le isole Eolie ogni valore strategico, l’acropoli tornò ad essere un quartiere residenziale. E’ di questa età l’impianto costituito da una serie di isolati rettangolari (insulae), divisi fra loro forse da sette strade(cardines) rettilinee, parallele in senso Est-Ovest, ed equidistanti, larghe 10 piedi e fornite da una canaletta di fognature assiale, incrociate ortogonalmente in senso Nord Sud da altre strade più larghe (decumani). Per quanto riguarda le età anteriori, nella zona Sud dell’area archeologica i resti edilizi riferibili all’Ausonio II e all’Ausonio I (tarda età del Bronzo) sono limitati. Cospicui resti si
hanno invece del villaggio del Milazzese (Bronzo medio) che si sovrappone al villaggio di Capo Graziano (Bronzo antico).
Nella zona Nord le capanne del Milazzese e quelle dell’età di Capo Graziano sono altrettanto numerose ma meno appariscenti, in parte perché ricoperte dalle capanne dell’Ausonio I e dell’Ausonio II. Il deposito archeologico scende per altri quattro o cinque metri sotto il suolo delle capanne della prima età del bronzo. Esso è stato esplorato con
pozzi di saggio, poi ricoperti, praticati nell’interno delle singole capanne e con più ampie trincee aperte ad Ovest.
La prima cinta muraria della Lipàra Greca fu eretta nel V secolo a.C. Tuttavia il rapido incremento demografico ben presto rese insufficiente l’area da essa circoscritta. Nel corso della prima metà del IV secolo a.C. (340-300 a.C.) si dovette quindi costruire una nuova cinta, assai più ampia, che raddoppiava l’area urbana, ricollegandosi ai due estremi alle balze del Castello a Sud e a quella della Cìvita a Nord e correndo per più di duecento metri nell’aperta pianura.
Gli scavi condotti da BernabòBrea e Cavalier nel 1972 hanno messo in luce diversi lunghi tratti della cortina rettilinea sbarrante la piana. Le mura erano costruite con grandiosità e robustezza; avevano uno spessore di poco inferiore a quattro metri e presentavano sui due prospetti paramenti di blocchi perfettamente squadrati di latitandesiterosso-violacea del Monte Rosa, in filari isodomi, mentre il nucleo interno era costituito da un èmplekton di piccolo pietrame molto compatto. Dal filo delle mura aggettavano almeno due robuste torri quadrate, costruite con identica tecnica, a protezione delle porte urbiche. La ripresa degli scavi nel 1984-1987 nel tratto fra la via Diana e il vico Scudo ha messo in luce il suolo dell’assedio del 152-251 a.C.
Parallelo alle mura greche sul lato esterno di esse, alla distanza di circa 6 metri è stato messo in luce un altro sistema di fortificazioni molto più grossolano. Si tratta di un aggere piuttosto che di un vero e proprio muro, costruito con pietrame a secco e blocchi riutilizzati, che si può mettere in rapporto con le guerre civili fra Ottaviano e Sesto Pompeo
(43-36 a.C).
Dopo i saggi di scavo condotti da Orsi nel 1928, Luigi BernabòBrea e Madeleine Cavalier hanno condotto sistematicamente, dal 1948 al 1995, l’esplorazione della necropoli che si estende nella pianura di Diana. Piccoli gruppi di tombe sono stati anche scavati in contrada S. Anna e a Portinenti. Le tombe della necropoli vanno dagli inizi stessi della città greca, e cioè dal 580 a.C., all’età imperiale romana.
Esse non sono uniformemente distribuite nella contrada Diana, ma riunite in vasti agglomerati, separati fra loro da zone libere. Probabilmente le sepolture avvenivano in terreni a ciò particolarmente destinati. Erano terreni extraurbani, posti al di fuori della cinta delle mura urbiche, essendo regola costante del mondo greco e romano che si seppellisse al di fuori della città. Ciò spiega la grande densità e il sovrapporsi di tombe in più ordini in zone delimitate, il costante orientamento delle tombe, sempre con testa verso Sud, e il loro allineamento in filari più o meno regolari. Sia in età greca che in epoca romana la necropoli presenta un rito misto: nel primo caso il massimo numero delle tombe è a inumazione e un numero minore è a cremazione, mentre in età romana la proporzione appare rovesciata. Merita di segnalare, tra i molti elementi di rilevante interesse, la ricchezza dei corredi funerari del IV sec. a.C., tra cui ricorrono significative produzioni vascolari locali, ed il numero molto elevato di maschere teatrali (IV – III sec. a.C.), che rappresentano il più cospicuo complesso di questo tipo finora noto nel mondo greco.
Cospicui resti di età romana e tardo antica, porzioni del tessuto viario (l’odierno Corso Vittorio Emanuele ricalca in gran parte un decumanus) e di isolati di abitazioni sono stati messi in luce al di là di una strada di circonvallazione all’interno delle fortificazioni greche che sembra fossero il limite occidentale anche della città romana. Diverse sono le strutture di particolare impegno architettonico, gli ipogei e recinti funerari destinati a gruppi familiari sia pagani che cristiani ed anche uno ebraico. Lipari fu probabilmente sede vescovile fin dall’età tardo imperiale. Alla fine del VI sec. è già documentato a Lipari il culto di San Bartolomeo. Nell’838 Lipari fu devastata dagli arabi.
Per il ritorno di insediamenti stabili si deve attendere la conquista normanna e la cacciata degli arabi. Intorno al 1083 il conte Ruggero invia a Lipari un gruppo di monaci benedettini governati dall’abate Ambrogio, ai quali si deve il graduale ripopolamento dell’isola, la redazione del Constitutum (1095) nonchè la fondazione sul castello di un monastero edell’annessa Cattedrale di S. Bartolomeo sui resti della chiesa bizantina.

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