Panarea è l”isola più piccola (3,4 kmq) e la meno elevata delle Isole Eolie, con i 421 metri nella sua maggiore elevazione del Timpone del Corvo, insieme agli isolotti di Basiluzzo, Spinazzola, Lisca Bianca, Dattilo, Bottaro, Lisca Nera e gli scogli dei Panarelli e delle Formiche, forma un piccolo arcipelago fra Lipari e l’isola di Stromobili posto su un unico basamento sottomarino. L’approdo più importante e scalo commerciale e turistico, è nella località San Pietro, la principale contrada dove si concentra l’odierno abitato. Le altre contrade sono Ditella (o Iditella) a nord-est e Drautto, a sud-ovest. Nell’antichità si ritrovano diversi nomi greci per Panarea: Eunymos, Εώνυμος (“di buon nome”) e Hikesía, κεσία (“la supplice”). Poi, nella Cosmografia Ravennate si legge il nome Pagnarea, da cui deriva Panarea. Dal punto di vista geologico Panarea è la più antica isola delle Eolie, con gli isolotti circostanti che rappresentano quel che resta di fenomeni eruttivi di un unico bacino vulcanico, ormai quasi del tutto sommerso ed eroso dal mare e dal vento. Divisa nel senso della lunghezza da un’elevata dorsale, rimane soltanto la parte orientale e meridionale dell’isola originaria, con coste relativamente limitate in altezza, caratterizzate da piccole spiagge e vaste zone pianeggianti, anticamente coltivate a vigne ed oliveti e di cui ancora oggi si notano i terrazzamenti che erano adibiti alle colture, oramai abbandonate. Il lato occidentale e settentrionale è caratterizzato da alte coste inaccessibili e molto frastagliate, un continuo succedersi di terrazzamenti, crepacci e suggestive formazioni di lava solidificata. Il condotto principale dell’originario complesso vulcanico è situato all’incirca nel tratto di mare compreso tra lo scoglio La Nave e lo scoglio Cacatu. Sempre dal mare, sulla costa occidentale (Cala Bianca), sono invece visibili i resti di un camino vulcanico secondario dalla forma di grosso imbuto. Sul lato nord-est dell’isola, sulla spiaggia della Calcara, è tuttora possibile scorgere fumarole di vapori che si levano dalle fessure fra le rocce (dai suggestivi colori sulfurei), ultime tracce di attività vulcanica con temperature fino ai 100°C. In alcuni punti fra i ciottoli in riva al mare, per effetto di queste sorgenti di calore, l’acqua ribolle fino ad essere ustionante. Altri fenomeni eruttivi subacquei sono evidenti nel ribollire delle acque fra l’isolotto di Bottaro e Lisca Bianca. Non sono invece più identificabili le sorgenti termali segnalate sulla carta poco a nord della punta Peppe Maria “cementificate” dal lungomare costruito negli anni ottanta. I principali prodotti dell’isola sono l’ulivo, la vite, i capperi e la pesca. Il turismo rappresenta una voce importante dell’economia dell’isola, anche se in maniera minore rispetto alle altre isole. Panarea fu abitata già in epoca preistorica come testimonia il villaggio dell’età del Bronzo (XIV secolo a.C.) sul promontorio del milazzese, a sud-ovest dell’isola. La particolare posizione del pianoro, proteso verso il mare e protetto da alte pareti a dirupo sul mare, dunque facilmente difendibile, ne fece un luogo ideale per l’insediamento: nel villaggio, di cui sono visibili e visitabili i resti di una ventina di capanne, sono stati ritrovati materiali d’origine micenea, a testimonianza del ruolo svolto, anche in antichità, dall’arcipelago eoliano, al centro delle principali rotte commerciali del Mar Mediterraneo. Per il resto Panarea condivide la storia delle altre isole Eolie ed in particolare di Lipari. Abitate fin dal neolitico, nel periodo fra il VII e il VI secolo a.C. le isole furono preda di continue scorrerie etrusche fino a quando quest’ultimi non vennero sostituiti dalla colonizzazione greca. Con l’avvento dei Normanni ricominciò lo sviluppo economico e demografico delle isole (1340-1544 circa). A metà del 1500 infatti gli arabi ricominciarono a insidiare le isole, ne resta traccia nella toponomastica isolana nella baia e relativa contrada di Drautto, dal nome del pirata Dragut. Per le scorrerie della pirateria arabo-turca l’isola rimase pressoché disabitata, gli abitanti infatti non superavano il centinaio. Verso la fine del XVII secolo i contadini di Lipari ripresero a coltivarla. Per le scorrerie della pirateria arabo-turca l’isola rimase pressoché disabitata, gli abitanti infatti non superavano il centinaio. Verso la fine del XVII secolo i contadini di Lipari ripresero a coltivarla. E’ significativo come sopra il Villaggio Preistorico di Cala Junco esista il “Castello del Salvamento“, usato appunto come provvidenziale rifugio degli abitanti durante queste incursioni. In seguito, con il miglioramento della situazione politica nelle isole, la popolazione di Panarea aumentò sino a circa 1000 persone. Ma alla fine dell’800 diminuì nuovamente per via dell’emigrazione, in prevalenza verso Stati Uniti e Australia. Ai giorni nostri la popolazione è intorno ai 200 abitanti stabili. Gli isolani vivono ora soprattutto del successo turistico dell’isola, esploso alla fine degli anni ’70, ma iniziato alla fine degli anni ’50 con la scoperta di queste isole da parte di villeggianti più avventurosi, alla ricerca di un’oasi di vita più semplice e a contatto diretto con la natura.
CENNI STORICI:
L”isola di Panarea è stata abitata fin dall’età neolitica. Si hanno testimonianze del periodo dello stile di Diana sul Timpone del Corvo e della Calcara. Nella località Piano Quartara sono state trovate tracce di un insediamento appartenente all’inizio dell’età del Bronzo. L’età del Bronzo Antico, legata alla cultura di Capo Graziano, ha lasciato tracce in singolari pozzetti scavati nella zona fumalorica della Calcara, relativi ad una attività di culto praticate forse verso una divinità legata al potere salutare delle fumarole. Alla Punta di Peppe Maria sono state ritrovate sporadiche tracce di un insediamento stabile di questo periodo. Sul promontorio di Punta Milazzese, all’estremità Sud Est, si sviluppa un villaggio di capanne risalenti all’età del Bronzo Medio (metà II millennio a.C.) che fu il primo scavo condotto da Luigi BernabòBrea nelle Isole Eolie, nel 1947. Il villaggio è situato sul promontorio di Punta Milazzese, vera fortezza naturale, facilmente difendibile con un solo sbarramento dell’istmo. La comunicazione fra i tre dossi, oggi impossibile, non doveva esserlo nell’antichità, poiché la roccia è stata in seguito fortemente erosa. Sul primo dosso, che è il più ampio, oltre a tracce dello sbarramento dell’istmo sono state messe in luce 21 capanne delimitate da muretti di pietre a secco, mentre altre due sono state scavate all’estremità dell’ultimo dosso.Il fatto che in molte capanne si siano trovati ancora in posto vasi ed altri oggetti dimostra che il villaggio ha subito la medesima distruzione violenta che è stata poi ritrovata in tutti gli insediamenti eoliani di questa età. Il materiale rinvenuto caratterizza una delle fasi dell’età del bronzo eoliana (fase del Milazzese), che i numerosi reperti micenei datano tra il XIV e gli inizi del XIII sec. a.C. Dopo questo periodo, Panarea è rimasta disabitata fino al V sec. a.C. Si conosce poco dell’età greca e romana. Durante l’età Imperiale romana Basiluzzo fu scelto come residenza di una villa di cui si osservano alcuni muri in opus reticulatum con tracce di pavimenti a mosaico e di intonaci colorati delle pareti. Poco lontano dall’approdo si trovano alcune strutture murarie ormai sommerse per fenomeni bradisismici, probabili resti di una darsena di età romana. Come le altre isole Panarea sarà stata abitata fino in età bizantina. Un frammento di una mensa di altare cristiana con decorazioni a rilievo (V sec. d.C.) fu trovata sulla punte di Peppe Maria.